Da dove vieni?

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DA DOVE VIENI?

Navigo in un mare di speranza
trasportato da illusioni che svaniscono a distanza
abbandonandomi all’ignoto,
al futuro in una foto
che riguardo nel presente
ricercandone sembianza.
Al timore di restare
in quel passato più remoto.
Al tremore che mi suscita pensare alla costanza.

Guardo il mare
e poi la barca e la mia voglia di cambiare.
Un confine di morte e abbandono
su cui galleggiare
aggrappati allo sguardo dei figli impauriti
per cui pregare.
E poi giudicare
la scelta costretta
tra l’essere uccisi in maniera diretta
o il rischiare la vita in un sogno che aspetta
affidandosi al muoversi della lancetta
e al rombo e al motore della motovedetta.

E soffoco al sorriso di un bambino
coccolato dalla madre
e all’arrivo della squadra dei soccorsi
e con loro l’arrancarsi
nell’assenza di rimpianti
in una nave di rimorsi.
E sussurro e riguardo quel bimbo
abbracciato da mani di altri colori
e vedo le bare dei genitori
e tocco le mie ancora tutte bagnate
dalle voci salate
che ci hanno inghiottito
comprando le vite di chi è fuggito.

E ascolto il quesito
di chi mostra il percorso
accarezzandoci il dorso
ma puntando il dito.
E resto avvilito
E mi lascio cadere, umano detrito.

Col viso sulla sabbia asciutta
guardo la gente e la barca distrutta
e poi il dolore sui volti scuri
e le coperte degli amici futuri.

E infine le mani di quell’uomo bianco
che prova a parlarmi sedendomi affianco
le guardo marroni cosparse di fango
e mi chiede chi sono e da dove vengo
e allora piango
e piano mi spengo
e rispondo morente a colui che mi afferra
che il mio Paese si chiama terra!

– Chiara Cuminatto –hands

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